66 funzionari a presidiare le ceneri e la memoria di Luigi Pirandello: solo 15 i custodi. Solo? Sì perché in quegli 80 metri quadrati, per il direttore Vincenzo Caruso, intervistato da “Panorama”, questi sono numeri da fame.
18 gli operatori che si avvicendano su tre turni, per presidiare la nota casa-museo di Pirandello, e altri 48 sono i funzionari che si trovano presso la biblioteca di via Imera, ad Agrigento, per vegliarne i manoscritti e i telegrammi. 180mila euro di affitto concesso da un privato, per un’area che nonostante sia “la terza biblioteca più importante di Sicilia” è aperta solo da lunedì a venerdì dalle 8:30 fino alle 13:00 e mercoledì e giovedì dalle 16:00 alle 18:30, perché per fare più ore e rimanere aperti anche nel weekend, scatterebbe il pagamento degli straordinari, straordinari che la Regione non può più versare.
Ma il problema non è tutto qui; la casa natale dello scrittore premio Nobel dovrebbe essere una delle più presidiate d’Italia, di sicuro la più presidiata dell’intera Sicilia, visto che al suo interno custodisce anche le preziose ceneri del Pirandello, traslate qui dal cimitero del Verano di Roma, e incassate, secondo le disposizioni dello stesso autore, in un costolone di roccia agrigentina opera di Marino Mazzacurati in persona.
L’urna è quindi abbandonata al suo destino: è saltata la luce nel quartiere Caos e ancora nessuno ha pensato a ripristinarla; cosa che quindi non facilita le operazioni di tutela del contenuto, sorvegliato a distanza solo dalle telecamere. Ed erano state proprio le telecamere dal piazzale antistante poi ad essere rubate, così che per ben sette volte, la libreria del professore di matematica e fisica, Bernardo Barone, Presidente del parco letterario Luigi Pirandello, potesse essere alleggerita di qualsiasi cosa capitasse a tiro: macchina del caffè, fili di rame e persino i libri.
Intanto, il bookshop del professore rimane chiuso, in attesa di nuovi finanziamenti da parte della Regione, mentre il ‘suo’ parco letterario non sembra passarsela molto bene: sono tre gli uomini addetti a presidiare la biglietteria, tre le donne che come sentinelle proteggono l’ingresso di via Imera dove dovrebbero trovarsi ben 24mila volumi storici, e invece le uniche opere ad essere esposte sono poche locandine scolorite e qualche documento incompleto messo sotto teca.
Dei 66 funzionari impiegati al museo, nessuno sa niente, nemmeno l’ex sindaco Marco Zambuto che afferma: «non si possono licenziare, ma non si possono tollerare quei numeri. La Regione li dislochi, quanto meno li utilizzi in maniera intelligente». Una maniera intelligente di usarli sarebbe quella di presidiare almeno l’urna pirandelliana, ma «non si può pretendere che in una giornata di pioggia qualcuno scenda fin laggiù a presidiarla», ha dichiarato il direttore Vincenzo Caruso a “Panorama”.
Sono 111 i custodi, assegnati ai 12 siti archeologici della provincia di Agrigento, un numero che rispetto ai 66 di un solo museo, pare più che ragionevole; 15 solo i custodi, che per non superare la soglia degli straordinari previsti dalla Legge, dovrebbero essere 26. Per Caruso la casa e la biblioteca fanno guadagnare alla città «40 mila visitatori l’anno e circa 40 mila euro d’incasso».
Ma tra le mura degli ottanta metri quadrati della casa natale e nel palazzotto fatiscente di via Imera, non c’è nessuno, nemmeno al pomeriggio, solo un branco di gatti ben pasciuti e «gente che ha studiato che continua a farlo», secondo il custode Lino Cinquemani, cinquant’anni e guida del secondo piano della casa, luogo in cui hanno trovato dimora i documenti e i taccuini dello scrittore, oltre che il libretto universitario dell’università di Bonn e il vaso greco del V secolo con le sue spoglie.
Autore | Enrica Bartalotta