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Maschera e simbolo di coraggio: ‘u Scacciuni.

  • La tradizione siciliana è ricca di simboli che rievocano importanti avvenimenti del passato.
  • Tra questi c’è una maschera di Carnevale nata per commemorare un importante episodio storico.
  • Per parlarne, dobbiamo fare tappa nel Messinese, a San Filippo del Mela.

I tradizionali festeggiamenti del Carnevale Siciliano affondano le radici nel passato e sono un importante strumento per conoscere meglio la nostra isola. Si pensa che questa festività sia solo un momento di leggerezza ma, in realtà, alcuni dei costumi più diffusi traggono origini da avvenimenti che hanno segnato il passato. ‘U Scacciuni, ad esempio, è sì una tradizione del Carnevale, ma nasce da una vicenda che simboleggia orgoglio e fierezza. Ecco come si è svolta quella vicenda.

La nascita della maschera di Carnevale

Si narra che nel 1544 un’orda di turchi, con a capo Hjerdiss Barbarossa, arrivò a San Filippo del Mela e prese la strada che conduceva al monte Makkarrùna, alla cui sommità sorgeva la fiorente città di Santa Lucia del Mela. Durante il cammino, furono protagonisti di saccheggi e devastazioni. Sulla via dell’antica strada Cucugghiàta, però, un manipolo di contadini di Cattafi, “armati”  solo degli attrezzi di lavoro, vanghe, tridenti, bastoni, li respinsero, costringendoli a prendere la via del ritorno. I siciliani vennero aiutati nell’impresa dal barone Balsamo di Cattafi e da alcuni soldati a cavallo. La cruenta battaglia, che lasciò sul campo molte vittime da entrambe le parti. Si concluse con la supremazia dei Cattafesi, che riuscirono nell’impresa disperata di scacciare gli invasori turchi.

Si dice che proprio da quel momento si iniziò a usare il termine Scacciuni per indicare, appunto, l’uomo coraggioso, il paladino della giustizia. In segno scaramantico, forse per buona sorte, i vincitori presero ad indossare, in determinate occasioni, i costumi dei vinti. Erano curiosissimi abiti variopinti, costituiti da un gonnellino di stoffa pregiata indossato a ridosso di un pantalone corto, portato sopra il ginocchio, dello stesso tipo di stoffa, con ricami di grande pregio. C’era anche una camicia (quasi sempre bianca) sulla quale si incrociavano nastri multicolore. Completavano il tutto scarpe, lunghe calze e guanti bianchi. Il particolare più interessante era costituito dal copricapo: un lunghissimo cappello a forma di cono, alto ben oltre il metro, dotato di un’anima di canna ricoperta di stoffa pregiata, ornato di pietre preziose, dalla cui sommità si dipanavano una miriade di lunghi nastri colorati.

Il ruolo degli Scacciuni

Gli Scacciuna avrebbero fatto le loro prime apparizioni durante le feste di paese. In tali occasioni i cosidetti Capibastuni indossavano il costume, forse per fare sfoggio di unicità e di una qualche forma di supremazia. La tradizione vuole che gli Scacciùna usassero accompagnare all’altare le giovane spose, a garanzia delle loro illibatezza e, sicuramente, in segno di “protezione”. Addirittura, si narra che scoraggiassero – con metodi invero poco urbani – finanche i tentativi dei giovanotti provenienti dai paesi vicini, tesi a conoscere le ragazze cattafesi le quali a quei tempi pare dovessero trovare marito solo tra i compaesani.

Secondo un’altra versione, proprio gli Scacciuni avrebbero fatto da garanti nei confronti dei giovani forestieri che capitavano a Cattafi in cerca di ragazze da marito. Fece così la sua comparsa, tra le mani dello Scacciùni un particolare inedito: U nèrbu di vitèddu. Adesso ogni anno, nel giorno di Carnevale Cattafese, questa figura unica nel suo genere, come per incanto fa la sua apparizione per le strade del paese. Il costume dello Scacciuni diventò l’attrazione principale del carnevale Cattafese nei primi del Novecento, mantenendo la sua identità storica e rievocativa.

Foto di Vincenzo Giompaolo

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