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Una nuova scoperta archeologica in Sicilia.

  • I lavori del raddoppio della linea ferrata Catania-Palermo hanno portato in luce nei giorni scorsi un antico insediamento rurale del I secolo d.C.
  • Il ritrovamento è avvenuto in località “Manca” a Vallelunga Pratameno (Caltanissetta).
  • L’estensione dell’insediamento si stima dovesse interessare un’area di circa sei ettari.

Sicilia terra di storia e di tesori archeologici. Nei giorni scorsi alcuni lavori lungo la linea ferrata CataniaPalermo hanno portato alla luce un antico insediamento rurale. «L’indagine archeologica, che è iniziata a luglio ed è in fase di svolgimento – dice la soprintendente di Caltanissetta, Daniela Vullo – è attualmente limitata a un saggio di 225 metri quadrati (15 x 15 metri). Nonostante lo scavo sia ancora in atto, però, le strutture murarie emerse attestano l’importanza di un ritrovamento che, nel settore settentrionale della provincia di Caltanissetta non sembra, al momento, avere confronti».

Il complesso rurale emerso, che sembra appartenere all’età romano-imperiale, con probabilità era una villa rustica il cui sostentamento era strettamente legato alle favorevoli condizioni ambientali (vicinanza al corso d’acqua del torrente Salicio, area pianeggiante, ottima esposizione) e allo sfruttamento del terreno circostante a scopi cerealicoli. Il rinvenimento, tra gli strati di crollo, di alcune tegole con bollo, lascia pensare che la villa sia collegata a un personaggio della cerchia pubblica romana.

«Ancora una volta l’attività di vigilanza preventiva svolta dalle Soprintendenze della Sicilia si rivela preziosa e ci regala una meravigliosa testimonianza della vita nel centro della Sicilia durante il periodo romano – dice l’assessore dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Alberto Samonà -. Stiamo vivendo una stagione molto emozionante dal punto di vista dei ritrovamenti archeologici».

Le caratteristiche della villa

Quanto alle caratteristiche della Villa, allo stato attuale della ricerca è possibile identificare almeno 5 o 6 ambienti che si articolano a est, a nord e a sud di un lungo e ampio portico a forma di L. Nella parte oggi visibile il portico era delimitato a sud e a ovest da muri esterni che inglobavano nella muratura colonne fittili poste alla distanza di circa 2 metri una dall’altra. Queste colonne erano formate, ciascuna, dalla sovrapposizione di dischi in terracotta del diametro di 35 centimetri circa, legati tra loro da uno strato di malta. Gli spazi fra le colonne erano probabilmente chiusi da bassi muretti e la copertura del portico era costituita da una stretta tettoia a spiovente. A nord e a est del portico, divisi da muri ben delineati, si disponevano diversi vani (al momento tre accertati, ma più probabilmente cinque) uno dei quali direttamente comunicante col portico tramite un varco.

I vani erano a pianta quadrangolare, dotati di copertura e finalizzati a diversi utilizzi. Che uno di essi potesse fungere da magazzino o deposito sembrerebbe provato dal ritrovamento al suo interno di un “Dolio”, ovvero un grande contenitore in terracotta del tipo solitamente destinato alla conservazione delle derrate alimentari. A sud il portico cingeva, invece, un atrio o un’ampia corte scoperta, anch’essa di forma quadrangolare.

In termini generali e allo stato attuale della ricerca, si profila l’esistenza, anche in questo territorio, di un vasto appezzamento fondiario direttamente gestito da un facoltoso proprietario, vissuto tra il I e il II secolo d.C. e dotato della disponibilità economica sufficiente a costruire e mantenere efficiente una domus dotata di un cortile circondato da porticati, “peristilio”. E’ molto probabile che il complesso si articolasse in due aree: una pars dominica, ovvero la zona residenziale del domus, e in una pars rustica, dove trovavano sede gli spazi e gli impianti utilizzati per la conduzione delle attività agricole.

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