La Vastedda è l’unico formaggio di pecora a pasta filata. Lo producevano storicamente gli abili casari della Valle del Belìce nel periodo estivo, tentando di recuperare i pecorini che presentavano dei difetti. Il nome deriva infatti dal dialetto “vasta” cioè guasta, andata a male. L’idea straordinariamente originale è stata quella di rilavorare i pecorini mal riusciti facendoli filare ad alta temperatura e producendo questo formaggio a forma ovoidale da consumare fresco, entro due o tre giorni.
Il latte proviene da una razza autoctona: la pecora del Belìce, un animale di taglia media, con testa fine, allungata e leggera, arti robusti e vello bianco.
Lo stile di lavorazione varia a seconda della zona di produzione e delle abitudini del casaro. Solitamente il latte crudo, di una o due mungiture, viene coagulato a circa 35-36°C con caglio di agnello o capretto prodotto in azienda. La rottura della massa viene effettuata con un bastone di legno, rotula, sino a ridurla a granuli grossi come un cece o un chicco di riso; dopo una breve sosta si raccoglie la pasta in un telo di lino e la si depone su un tavoliere. Dopo un’ora circa si taglia in pezzi, si colloca in un recipiente, solitamente di legno, e si ricopre con siero caldo a 55-60°C, per favorirne la fermentazione. Il periodo di maturazione varia a seconda dell’epoca di lavorazione, della temperatura esterna e dell’umidità. I casari più esperti riescono a stabilire empiricamente e manualmente l’esatta maturazione della pasta facendo delle prove di filatura. Raggiunta la giusta acidità, la massa viene tagliata a fette in un recipiente in legno, in cui si aggiunge acqua molto calda (90°C), e lavorata con l’ausilio di una pala di legno, la vaciliatuma. Nella fase finale della filatura, quando la pasta raggiunge la giusta consistenza, la massa viene tagliata in porzioni che, lavorate manualmente, assumono la forma di sfere. Queste, accuratamente chiuse, sono collocate in un piatto fondo di ceramica, dove in breve tempo assumono la tipica forma ovoidale appiattita chiamata vastedda (simile ad una pagnotta piatta).
Il Presidio è nato con un paio di produttori coordinati dal Corfilac di Ragusa e si è successivamente ampliato riunendo altri casari del Belìce. Molto resta da fare, soprattutto nella razionalizzazione dei sistemi produttivi, di caseificazione, di conservazione e trasporto refrigerato efficiente.
A tavola
Formaggio straordinario per fragranza, suadenza e intensità gustativa, la Vastedda va consumata freschissima: dopo circa un’ora dalla formatura è pronta per il consumo. È delicatamente profumata e in bocca prevale una nota di burro con sottofondo di erbe della valle del Belìce, come le graminacee e la valeriana. Il modo migliore per gustarla è tagliarla in grosse fette e condirla con olio extravergine siciliano, pomodoro e origano. Può anche essere utilizzata come ingrediente di alcuni piatti locali, ad esempio il tipico pane cunzato. I pastori la accompagnano con vini rossi locali, ma un formaggio così delicato e fresco richiede piuttosto un bianco, meglio se dai locali vitigni grillo o inzolia.
Area di produzione
Valle del Belìce: comuni di Calatafimi, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Santa Ninfa, Vita (provincia di Trapani), Santa Margherita di Belice, Montevago, Menfi, Sambuca di Sicilia (provincia di Agrigento), Contessa Entellina (provincia di Palermo).
Fonte: http://www.slowfoodsciacca.it