Forse non tutti lo sanno, ma la Sicilia è stata una delle tappe più fiorenti della Via della Seta. Nelle zone più montuose dei Nebrodi, infatti, erano floridi la coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta. Sappiamo bene che la seta ha origini antichissime.
La sua storia affonda le radici in tempi lontani e i primi a lavorarla furono i cinesi, probabilmente già nel 6mila a.C. Si racconta che la bachicoltura nacque grazie all’imperatrice Xi Ling Shi: questa, osservando il comportamento dei bachi, notò che dal bozzolo si poteva dipanare un filo, resistente e pregiato.
I Bizantini portarono poi l’allevamento del baco da seta in Europa. In seguito alla conquista della Sicilia da parte degli Arabi, l’allevamento dei bachi divenne una delle attività più redditizie. I manufatti di quel periodo erano apprezzati e conosciuti in tutto il mondo, al punto da creare uno stile ben definito: “alla siciliana”.
In particolare, la via della Seta siciliana fioriva a Messina e in tutto il Val Demone. Qui la seta era molto diffusa e la produzione proseguì anche con gli Svevi e gli Aragonesi, ma subì un collasso con la cacciata degli Ebrei dall’isola. Solo con particolari agevolazioni il governo spagnolo, nel XVI secolo, riuscì a far riprendere rilevanza economica all’attività.
La città dello Stretto perse il privilegio dell’esportazione esclusiva della seta nel 1664, con conseguenze disastrose. L’attività comunque continuò e si riprese sotto i Borbone. Il terremoto del 1783 segnò l’inizio della decadenza dell’attività bachi-sericola, anche a causa di una malattia che aveva colpito il baco, debellata soltanto nel 1874.
Nel ‘900lcuni centri mantennero ancora per poco la bachicoltura, che cessò tuttavia definitivamente nel secondo dopoguerra.