«L’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto». Questa citazione di Johann Wolfgang Goethe è molto celebre e racchiude la sua esperienza su un’Isola che lo colpì da diversi punti di vista. Quando decise di visitarla, non era certo un’impresa semplice. Era, all’opposto, una vera e propria avventura, soprattutto perché si spinse anche nelle zone interne. Il viaggio in Sicilia di Goethe rappresenta il primo vero e proprio “spot pubblicitario” per una terra fatta di contrasti, che lascia il segno nel bene e nel male.
Nell’aprile del 1787 raggiunse via mare Palermo, dove rimase colpito dalla presenza di polvere e sporcizia nelle strade. Chiese a un bottegaio per quale ragione la spazzatura non venisse raccolta. Il bottegaio, con grande sarcasmo, mostrò le scope con cui si difendevano dalla polvere e aggiunse che coloro che avrebbero dovuto pulire non potevano essere costretti, visti i vantaggi di cui godevano. L’eventuale pulizia avrebbe mostrato le condizioni del lastrico sottostante e, tra l’altro, quello strato era gradito alla nobiltà, che poteva passare senza problemi su un terreno morbido. Goethe salì sul Monte Pellegrino per visitare il Santuario di Santa Rosalia, dove rimane incantato dalla statua della santa posta dietro una fitta cancellata.
Il 9 aprile andò a Bagheria, a Villa Palagonia, dove rimase stupito per la bizzarria delle figure mostruose e lo strano gusto del proprietario. Questa visita influenzerà alcuni passaggi del Faust, come ne La notte di Valpurga in cui descrive una serie di mostri. Alcuni giorni dopo vedrà passare proprio il principe di Palagonia che raccoglieva denaro per finalità benefiche riscontrando l’incongruenza tra il denaro speso per la villa e quello che chiedeva agli altri. Il 10 andò a Monreale. Invece di visitarne il Duomo, visitò il convento di S. Martino. Goethe avrà anche un importante incontro con la sorella di Cagliostro.
Visitò il Tempio di Segesta e passò da Castelvetrano e Sciacca giungendo fino ad Agrigento. Si soffermò nella Valle dei Templi, dove osservò lo stato di rovina dei vari templi e rimase incantato dalla fertilità dei terreni a grano. Per questa ragione desiderò vedere i campi che avevano dato alla Sicilia, in epoca romana, il titolo di granaio d’Italia. Gli venne suggerito di passare per l’entroterra, saltando Siracusa (di cui afferma rimanere ben poco rispetto al suo grandioso passato). Si diresse verso Caltanissetta. A Castrogiovanni (Enna) trascorse una pessima nottata che gli fece giurare di non percorrere più itinerari lontani da quelli più battuti. Giunto a Catania, prese contatto con il principe Biscari per poter poi fargli visita presso il suo palazzo, in cui poté ammirare la collezione presente. Incontrò anche il cavaliere Gioeni da cui ottenne dei suggerimenti per poter salire sull’Etna, cosa che fece parzialmente a dorso di mulo, non potendo raggiungere la vetta per le condizioni meteorologiche. Visitò anche Aci Castello per vedere i faraglioni.
A Taormina visitò il teatro antico ammirandone il bel panorama, definendo la località «il più grande capolavoro dell’arte e della natura». Proseguì subito dopo per Messina, dove restò per tre giorni. Trovò la città distrutta dal recente terremoto del 1783. Poi, approfittando di una nave in partenza, si imbarcò per far ritorno a Napoli.