Noto per la sua estrema vicinanza a Taormina, il borgo offre una splendida vista sullo Jonio e sulle coste della Calabria.
Sita su un cucuzzolo a strapiombo, Castelmola ha, in comune con molte città della Sicilia, un’origine pre-ellenica. Per la sua posizione sopraelevata, si presume fosse la vera acropoli di Taormina; Mylai, fu il nome del primo insediamento ad opera dei Siculi, come conferma la presenza della necropoli di Cocolonazzo e i molteplici reperti di ceramiche decorate a motivi geometrici.
Nel 396 a.C., Dionisio di Siracusa assediò Mylai, ma viene sconfitto dai Siculi. Ci riprova quattro anni più tardi, nel 392, questa volta espugnandola e occupandola. Alla sua morte, nel 367, la città viene presa in mano da Andromaco che costruisce il centro abitato, la amplia e la arricchisce, con una serie di opere di interesse pubblico come cisterne, serbatoi dell’acqua e fortificazioni.
Con la morte di Andromaco, Tindarione si appropria dell’insediamento e la pone sotto la protezione di Pirro. Durante la Prima Guerra Punica però, Castelmola viene conquistata da Gerione di Siracusa e ivi vi rimane fino al 214. Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la città segue il destino di Sicilia, passando sotto l’influenza bizantina. Nel 902, i Saraceni riescono a fare breccia nel borgo, devastando l’abitato (solo il castello rimase eretto), e passando presso la porta da allora denominata ‘dei Saraceni’ si diressero a Taormina (Taurmenium). Con l’arrivo di Ruggero presso Taormina, anche Castelmola cade sotto il controllo dei Normanni, nel 1078. Ruggero costruisce un nuovo centro abitato intorno al castello, chiamato Mola. Quale ringraziamento alla Madonna per averlo assistito nella battaglia, fece anche erigere la chiesetta della SS. Annunziata.
Mola appoggia dapprima gli Svevi, poi, nel 1282, insorge schierandosi a favore degli Aragonesi. Nel 1738, entra a far parte del Regno delle Due Sicilie, e nel 1860, vota l’annessione al Regno d’Italia.
La struttura urbanistica rimane quella medievale, fino a quando, nel 1928, per creare l’accesso fino al centro urbano, venne modificata l’entrata originaria: una scalinata quasi intagliata nella roccia che conduceva ai piedi del Castello fino alla porta; l'Auditorium Comunale conserva oggi, le foto che ne testimoniano la bellezza.
Costruita nel 1954, la Piazza Sant’Antonio presenta una pavimentazione a mosaico in pietra bianca e lavica, e marciapiedi alberati da cui è possibile avere una visuale su Taormina. Sulla piazza, svetta l’Auditorium Comunale, ex chiesetta più volte rimaneggiata; sulla destra si trova l’antico arco che segna l’ingresso del paese. Di fronte a esso, si trova il caffè San Giorgio, fondato nel 1700 dai monaci come taverna, è stato trasformato in caffè nel Novecento, da don Vincenzo Blandano, che lo ha arricchito con una caratteristica collezione di firme e pensieri dei visitatori, anche illustri, del secolo scorso. La sua notorietà è legata alla specialità del borgo, il Vino alla Mandorla, il “Blandanino”.
Del castello restano i ruderi delle mura normanne. Nonostante la dicitura greco bizantina del X secolo faccia presumere la sua costruzione in epoca medioevale, la maggior parte degli storici concorda con una più antica edificazione legata invece al periodo romano. Nel 1334, venne trasformato in fortezza e prigione. Il Castello fu per secoli l'anello più forte della catena difensiva peloritana costituita dai manieri di Milazzo, Ficarra, Tripi, Castroreale, Castiglione e Francavilla.
La Chiesa Madre è stata ricostruita tra il 1934 e il 1935 sulla preesistente cattedrale, intitolata a San Nicola di Bari. L’impianto è a una sola navata ma la sua architettura è caratterizzata da una ricca commistione di stili. Della cinquecentesca struttura originaria, sono stati rimontati il portale laterale e l’arcata del coro; gli altari e il pulpito in noce intarsiato risalgono invece al XVIII secolo. Dall’ingresso principale, con arco a sesto acuto, è possibile ammirare l’Etna e il panorama sul Golfo di Naxos; il campanile presenta delle bifore e una lapide del X secolo. All’interno sono custodite due statue: la Maddalena e la Madonna del Rosario, che sono state fatte risalire al Settecento, mentre la sagrestia ospita, oltre ai parlamenti sacri, una “Madonna in trono con Bambino tra i santi Rocco e Michele” della seconda metà del Cinquecento, uno “Sposalizio della Madonna e di San Giuseppe”, del XVI secolo, e un “San Michele” del Settecento.
La Chiesa di San Biagio fu la prima chiesa edificata a Castelmola, a ridosso di una roccia. I recenti lavori di ristrutturazione si sono fatti carico del recupero dell’antica volta a botte e dell’affresco settecentesco di “una Madonna con Bambino, san Biagio e figure angeliche”.
La Chiesa dell'Annunziata venne costruita nel 1100 da Ruggero il Normanno, come ringraziamento per l’aiuto ricevuto dalla Madonna, nella guerra contro i Saraceni. La chiesetta è aperta al culto per un breve periodo dell’anno; di notevole pregio artistico è il portale, posto sotto l’egida della Soprintendenza ai Beni Culturali.
Una curiosità: i dintorni di Castelmola sono stati l’ambientazione dello scandaloso romanzo di D. H. Lawrence, “L’amante di Lady Chatterley”, pubblicato nel ‘28. Sullo sfondo dei sentieri di Monte Venere, la storia racconta le vicende di una travolgente passione scoppiata tra Lady Chatterley (Frieda von Richthofen, moglie dello scrittore) e il giovane mulattiere molese, Peppino D’Allura.
Autore | Enrica Bartalotta