La Villa del Tellàro, è una residenza extraurbana che risale all’epoca romana, e in particolare alla tarda età imperiale, i cui resti sono stati rinvenuti solo a partire dal 1971.
Il comprensorio si trova nelle vicinanze di Noto, nei pressi del fiume Tellaro, su una piana agricola dove nel Settecento/Ottocento fu costruita una masseria.
Molti gli elementi di somiglianza con la più grande e nota Villa di Patti. Come ad esempio il fatto che la struttura sorge intorno al peristilio, il noto ingresso romano costituito da colonne, che ornavano e racchiudevano quello che una volta, doveva essere molto probabilmente un ricco cortile, con fontane e frutteti. Sul lato settentrionale della villa, i resti rinvenuti svelano la presenza di una pavimentazione a mosaico, con festoni d’alloro che formano figure geometriche e motivi floreali. Su di esso, si affacciavano altri due ambienti.
Nel primo di questi, il mosaico, arrivato a noi molto danneggiato, ricorda la scena del riscatto del corpo di Ettore, probabilmente risalente a una tragedia di Eschilo. Il corpo dell’eroe, frammentato, si trovava molto probabilmente su uno dei due piatti della bilancia; l’oro del riscatto sull’altro. La parte in cui venne rappresentato Priamo non ci è pervenuta, ma le iscrizioni in greco ci danno un’indicazione di massima di quella che doveva essere la disposizione della scena in origine.
Il pavimento del secondo ambiente, raffigura invece una scena di caccia: tra gli alberi, un banchetto e una figura femminile, che è identificabile come rappresentazione dell’Africa. Si suppone che i mosaici possano dunque essere opera di maestranze africane, che le realizzarono probabilmente dopo la metà del IV secolo d.C.
Queste scene, richiamano i mosaici di caccia rinvenuti presso la Villa del Casale di Piazza Armerina. Città gallo-italica della provincia di Enna, Piazza Amerina è nota soprattutto per la dimora rurale di epoca tardo-romana “patrimonio dell’UNESCO” dal ’97.
Scoperta nel ’50, la sontuosa abitazione, che sorgeva sulle fondamenta di un’antica fattoria, non risale a prima della metà del IV secolo, come testimoniano i mosaici in essa rinvenuti. Quello più noto e importante, è denominato la “Grande Caccia”, arrivato a noi pressocché intatto.
Collocato presso un corridoio di raccordo e separazione tra gli ambienti pubblici e quelli padronali della Villa, questa opera d’arte raffigura elementi umani e animali: sette scene che costituiscono un compendio su come si catturano le bestie selvatiche ad uso del dux, ovvero di colui che, nell’Antica Roma, aveva l’incarico di procurare le bestie feroci per i giochi del Circo. Il mosaico è simmetrico ma la metà Nord e la metà Sud del corridoio mostrano evidenti differenze stilistiche, probabilmente realizzate per mano di due diversi gruppi di mosaicisti. A ogni scena viene attribuita una bestia e un continente differente; qui, come per la Villa dell’Tellàro, è infatti evidente la raffigurazione, assieme probabilmente a Egitto, Asia e India, dell’Africa.
Dopo aver subìto un massiccio lavoro di riqualificazione e restaurazione, oggi la Villa del Tellàro è nuovamente aperta al pubblico. Se vi trovate da quelle parti, prestate un occhio anche alla vicina città di Noto. ‘Patrimonio dell’Umanità’ dal 2002, Noto è definita ‘la Capitale del Barocco’. Da non perdere sono la Basilica/Cattedrale di San Nicolò del Gagliardi, del Labisi e di Vincenzo Sinatra, e il Teatro “Tina Di Lorenzo”, da molti considerato ‘un Teatro alla Scala in miniatura’. Simbolo della città è la Porta Reale o Ferdinandea, voluta dal re Ferdinando II di Borbone.
Autore | Enrica Bartalotta