“Oggi in tutta Italia ci interroghiamo su Giulia. Sento dentro di me un dolore profondo. Un dolore di padre e di fratello. Perché Giulia è per ognuno di noi oggi figlia e sorella. Sento lo strazio di questo omicidio crudele, che ha ferito a morte i familiari e gli amici. Avverto lo sgomento dei genitori di chi ha ucciso e spero per lui un processo di intima consapevolezza del male terribile che ha compiuto. Sento che questo strazio è vicino allo strazio della guerra. Perché chi decide di fare la guerra non ha sanato in sé la frattura tra maschile e femminile, tra l’icona del potere e l’icona della vita”.
Così Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo, nel suo messaggio per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
A Palermo resta forte la memoria dell’omicidio di Carmela Petrucci, quello di Roberta Siragusa di Caccamo. E ancora: “Fino a ieri, proprio nella nostra Palermo, con altrettanto sgomento ci interrogavamo su ‘Asia’ – ha aggiunto – stuprata al Foro Italico come una preda”.
Insieme a tutte le altre donne, “vittime delle quali non ricordiamo il nome, così come non sappiamo e forse non teniamo nel cuore il nome delle centinaia di donne oltraggiate dallo stupro, delle migliaia che ogni giorno sono vittime di violenza e maltrattamenti in famiglia, sul lavoro, nei loro tragitti quotidiani, nelle relazioni affettive”.
E ancora: “Le storie di Giulia, uccisa da Filippo, di Carmela, di Roberta, di Asia, oggi devono ricordarci solo una cosa: non c’è una casa, una scuola, una famiglia o una cerchia di amici che possa considerarsi al riparo, immune dal rischio di un delitto frutto di un collettivo fallimento culturale ed educativo. Non si tratta di accompagnare i figli maschi ma di accompagnarci tutti assieme verso un modo diverso di vivere le differenze, ritrovando la forza dell’essere comunità del non rimanere isolati e privi di autentico confronto”, per eliminare “quella tendenza al dominio, alla prevaricazione dell’uomo nei confronti della donna di cui per secoli è stata intrisa la storia umana”.