Il nome di William Shakespeare è da sempre sinonimo di genialità. Nel corso dei secoli, la sua identità è stata oggetto di intense speculazioni e dibattiti. In molti, infatti, hanno messo in dubbio che un singolo individuo potesse possedere tanta creatività e conoscenza, alimentando ipotesi più o meno fantasiose.
Già alla fine dell’Ottocento il giornalista Alphonse Allais scriveva a riguardo: “Shakespeare non è mai esistito. Tutte le sue opere sono state scritte da uno sconosciuto che aveva il suo stesso nome”.
Su questa scia, da diversi anni, circolerebbe un’intrigante teoria supportata da illustri studiosi: Shakespeare non sarebbe inglese, ma siciliano.
Secondo questa tesi, William Shakespeare non sarebbe nato in Inghilterra, ma a Messina, da un padre inglese protestante, figlio di un eretico ricercato dall’Inquisizione, e una madre siciliana di nome Guglielmina Scrollalanza.
La sua vita sarebbe stata segnata da un rocambolesco fuggi fuggi per scappare dalle persecuzioni, tra Venezia, Londra e infine Danimarca, dove avrebbe trovato rifugio. Sarebbe poi diventato un umanista di grande cultura, ricercato dalle famiglie più ricche d’Europa e nel 1588 sarebbe stato assunto come precettore di lingua italiana e latina di Elisabetta I.
Questa audace ipotesi può far sorridere, ma numerosi studiosi, tra cui lo storico messinese Nino Principato e il professore Martino Iuvara, hanno preso seriamente in considerazione questa teoria.
La leggenda del “Bardo Siciliano” ha incuriosito in tanti ed è stata persino oggetto di opere letterarie come il romanzo “Il Manoscritto di Shakespeare” di Domenico Seminerio e la commedia “Troppu Trafficu Pi Nenti” di Andrea Camilleri e Giuseppe Dipasquale, che hanno saputo abilmente giocare sulle possibilità offerte da questa tesi affascinante.
Secondo Giuseppe Dipasquale “C’è un punto che accumuna tutti i misteri e rende sempre avvincente la leggenda. Quello di Shakespeare, forse determinato da Shakespeare in persona, è un mistero provocato da una documentazione filologica debole e dalle imprecisioni delle notizie sulla sua vita: si è sempre detto, per esempio, che corrispondeva a una maschera di Christopher Marlowe, altro drammaturgo. Certo a raccoglierne la palma del mistero non potevamo che essere noi siciliani che abbiamo la più grande caparbietà e la capacità di mescolare il romanzo con il mistero”.
Ora un nuovo romanzo riaccende i riflettori sulla questione, dando un tocco romanzesco a questa intrigante vicenda.
Il nuovo lavoro di Pete Maggi, dal titolo “Shakespeare Reloved“, pubblicato da Solferino, a metà tra un romanzo picaresco e di formazione, offre una narrazione che fonde abilmente storia e leggenda.
In questa sua opera il noto produttore cinematografico, grande appassionato di William Shakespeare, ha mescolato l’ipotesi dell’origine siciliana di Shakespeare con una vibrante ricostruzione delle vicende, che potrebbero aver ispirato le opere più celebri del Bardo.
L’idea di dare vita questo romanzo è nata nel 2003, quando Maggi lavorava come produttore esecutivo sul set de “Il Mercante di Venezia“, circondato dai massimi esperti di Shakespeare. “Leggendo la sceneggiatura e l’opera ho pensato che chi aveva scritto di Venezia in quel modo, doveva averla vissuta. E non ero il solo a pensarla così. Da allora, per venti anni, non ho fatto altro che studiare e confrontarmi con altri, come Nino Principato. Fino a scrivere una storia, che non vuole essere la prova di una teoria, ma un romanzo che dà un senso alla possibilità che Shakespeare non fosse inglese”, ha raccontato Maggi.
Nel romanzo tutto inizia a Messina, con protagonista il personaggio di Michelangelo Florio, figlio di una notte d’amore tra John Florio e Guglielmina Crollalanza. Inganni e segreti portano Michelangelo a crescere in un convento con la madre, dove divora libri, impara l’inglese da suor Helen e inizia a scrivere commedie fin dalla più tenera età.
Quando l’Inquisizione minaccia di arrivare fin dentro il convento per cercare il figlio di John Florio, Michelangelo fugge via mare con Amleto, soprannominato “il principe,” e insieme arrivano a Venezia. Qui, Michelangelo sperimenta gli intrighi della città e si innamora di Giulia, dando vita a una storia d’amore intensa, ma contrastata. Attore, marinaio, commerciante, Michelangelo si ritrova spesso a cambiare volto per sfuggire alle grinfie dell’Inquisizione spagnola.
John Florio, nel frattempo, dà vita a un piano per proteggere suo figlio e gli fornisce una nuova identità, un certificato di nascita a Stratford-upon-Avon e un nuovo nome “William Shakespeare”, che fonde elementi del passato siciliano e della madre di Michelangelo, da “shake” come scuotere, scrollare, e “speare” che vuol dire lancia.
La storia di Pete Maggi, che si presta benissimo a diventare un avvincente serie TV, tiene conto degli studi condotti fino ad oggi sull’argomento e offre una risposta affascinante all’ossessione che Shakespeare aveva per l’Italia e la Sicilia. Le opere di Shakespeare contengono, infatti, centinaia di personaggi italiani e lo stesso scrittore conosceva benissimo la lingua italiana, un fatto che ben si sposa con l’ipotesi delle sue origini siciliane.
Con il suo mix di storia e leggenda, il romanzo di Pete Maggi che sarà presentato in questi giorni in Sicilia presso le librerie Ubik (giovedì a Messina, venerdì a Palermo e sabato a Catania), non intende dimostrare l’ipotesi della nascita siciliana di Shakespeare, ma le offre una dimensione narrativa coinvolgente, mantenendo vivo il fitto alone di mistero che ancora oggi avvolge la sua figura.
Qualunque sia la verità sui natali del celebre drammaturgo restano sempre attuali le parole dell’attrice britannica Emma Thompson, che rispondendo a una domanda sulle origini siciliane dello scrittore, si è così espressa: “Shakespeare siciliano? Perché no? Shakespeare è di tutti, anche di Messina”.
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